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Coca-Cola

Uscito sul Quotidiano del Sud - Edizione di Salerno il 23-10-2020
Pagina culturale

 
P are che la Coca-Cola, in America chiamata semplicemente familiarmente Coke, sia insieme a quella dei blue jeans l’invenzione più amata dai consumatori di tutte le età. Taluni l’hanno definita entusiasticamente un’idea che ha ‘rinfrescato il mondo’.
Un farmacista americano di Atlanta, John Pemberton, la inventò nel 1886. All’inizio si trattava di un derivato del vino di coca o Vin Mariani, miscela di vino e foglie di coca già conosciuta in Europa, derivato che lui, celebrando il suo nome, denominò Pemberton’s French Wine Coca. Lo riteneva un tonico efficace per il cervello e i nervi, peraltro molto utile contro l’emicrania. Nello stesso anno però nello stato di Atlanta fu proibito l’uso di alcool, così gli venne l’idea di sostituire il vino con uno sciroppo di zucchero estratto dalle noci di cola. Giacché c’erano anche foglie di coca, fu chiamata Coca-Cola, per felice intuizione del suo contabile Frank Robinson, che immaginò convincente abbinare le due c.
La denominazione poteva, per affinità con la parola cocaina, risultare male accetta, ma ciò non accadde, anche grazie al suo logo accattivante, che si vedeva un po’ dappertutto stampato simpaticamente sulle tende da sole. Oggi la parola Coca-Cola è la più conosciuta dopo la parola ok.
All’epoca la bevanda, contenuta in brocche, veniva venduta nella piccola farmacia di Pemberton con l’aggiunta di acqua. Un giorno per errore un cliente sostituì l’acqua liscia con quella gassata, e… magia, ecco la soda, così com’è adesso.
All’inizio della sua storia la bevanda non sembrò entusiasmare, infatti veniva venduta a 5 cent a bicchiere, per una media di 9 bicchieri al giorno.
Col passare dei mesi, però, cominciò a circolare e incuriosire sempre di più, ma Pemberton non aveva il bernoccolo degli affari. Era inoltre pieno di debiti e per 2300 dollari dopo appena un anno vendette nome, diritti e formula segreta all’imprenditore Asa Candler. Questi potenziò il marketing distribuendo migliaia di coupon che davano diritto a un bicchiere omaggio di Coca-Cola, così divenne milionario al posto suo, ma bene non visse perché coltivò per tutta la vita il terrore che gli rubassero la formula, tant’è che a un certo punto ritirò tutte le bottiglie dall’India e rinunciò a vendere lì, dato che secondo le leggi indiane le bibite dovevano per forza recare sulla targhetta l’elenco degli ingredienti.
Nel corso dei decenni a scoprire la formula della bevanda più famosa al mondo ci hanno provato in molti, persino rubando appunti che erano stati del farmacista Pemberton, ma inutilmente. Attualmente, si ritiene che la formula si trovi nel caveau di una banca di Atlanta, al sicuro.
Geniali non furono solo la bibita in sé, il nome e il logo, ma anche la bottiglia.
In realtà l’imbottigliamento, definito un tentativo di imbottigliare il piacere, iniziò nel 1894, ma solo nel 1915 nacque il bellissimo esemplare unico al mondo, la bottiglia sagomata contour, secondo gli autori riconoscibile anche se toccata al buio. Una bottiglia che per le sue curve faceva sognare, così come fanno le belle donne. Si tratta di un involucro ritenuto perfetto, sia per quanto riguarda il design, che l’utilità.
Un oggetto e un contenuto tanto affascinanti da irretire persino Andy Warrol, genio della Pop Art, che creò tele a grandezza d’uomo con l’immagine della Coca Cola, da lui amata sia perché la beveva frequentemente, sia perché gli piaceva ispirarsi a oggetti che fanno parte della vita quotidiana. Parlò anche della ‘democraticità’ della Coca Cola nel suo libro iconico di riflessioni ‘ La filosofia di Andy Warrol, da A e b e viceversa’.
Nel 1962 creò una tela di nome Green Coca Cola Bottles, attualmente ospitata al Whitney Museum of American Art di New York. Vi sono raffigurate 112 bottiglie verdi, il cui numero richiama la produzione e il consumo di massa. Si sa quanto l’opera di Warhol sia provocatoria…

Solo molti anni dopo la prima bottiglia in vetro, cioè nel 1960, nacque la prima lattina e dal 1980 la bottiglia con la sua silouette, ma di plastica. E passiamo alle note dolenti: la Coca Cola fa bene o male?
Sicuramente più male che bene, sia per l’elevato contenuto calorico, sia perché eccitante. Il suo abuso può portare obesità, diabete, ipertensione, osteoporosi, e ancora dipendenza, esofagite da reflusso, flatulenza, diabete gestazionale e parto prematuro (molte donne gravide la bevono per combattere nausea e vomito, a volte funziona), danni allo smalto dei denti e persino alle radici.
Ciò sembra accadere specialmente ai giovani che la sorseggiano per ore stando al pc.
Un gruppo dell’università dell’Iowa ha lasciato 5 denti immersi per 25 ore in 5 diverse bibite. Quelle più corrosive sullo smalto sono risultate in primis la Gatorade, poi la Coca-Cola, la Red Bull, a seguire la Diet Coke e il succo di mela.
Empiricamente la Coca-Cola ha numerosi utilizzi:
viene usata come pesticida, disincrostante ed antiruggine, per sturare le tubature, eliminare la corrosione delle batterie delle auto, pulire i motori dei mezzi di trasporto, le strade dal sangue (questo in America).

Resta comunque la bibita più venduta al mondo, con numerose imitazioni, in primis la Pepsi, ma i suoi estimatori non la cambierebbero con nessuna al mondo.

Norma D'Alessio