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In vacanza con Erri De Luca

Uscito sul Quotidiano del Sud - Edizione di Salerno il 15-07-2020
Pagina culturale

 
Q uest’anno faccio la vacanza dei miei sogni. Vado al mare con Erri De Luca. Mettete pure che ci sto insieme tutto il tempo che voglio, cosa desiderare di più.
Chissà chi tra voi può capirmi, sospetto che ce n’è più d’uno. Non ho portato qualche suo libro, ne ho portati tanti, perché avevo già deciso di fuggire con lui. Magari non riuscirò a leggerli tutti, ma le intenzioni son quelle. Oppure ne leggerò alcuni ma molteplici volte, come mi è già capitato con ‘Non ora, non quì, e ‘Tu mio’. Letture talmente appassionate, che le povere pagine ne escono maltrattate, esauste, abusate, ma anche presumibilmente… soddisfatte.
Quando lessi la prima volta ‘Non ora, non qui’, tanti anni fa, non credevo a quello che leggevo. Mi stava descrivendo nei dettagli mio marito Cosimo, un tipo ermetico, taciturno, ombroso, e mi aiutava a comprenderlo. Leggevo leggevo e ad ogni parola, ecco spuntare un sopracciglio, un labbro, un piede. Mi entusiasmai e naturalmente innamorai di lui. Io mi innamoro e mi lego, senza che loro lo sappiano, ai miei beniamini.
Col tempo ho capito che non sono la sola a fare così. Una volta andai al Sistina per un concerto di Roberto Vecchioni. Tutta la prima fila era occupata da signore con in mano un bouquet per lui. Erano appassionate della sua musica, e si muovevano come fidanzate a distanza.
Credo di avere amato profondamente John Fante, di aver avuto un lungo innamoramento per Baricco, una felice passioncella per il genovese Lorenzo Licalzi, ma amo e amerò a vita Erri de Luca, lo scrittore e l’uomo, perché lui consegna per intero alla scrittura la sua nudità umana. Un uomo che delle donne che ha amato dice…le donne che ho abbracciato. Ah!
L’ho anche incontrato in svariate occasioni e per tutte vale quella in cui osai entrare in un museo archeologico consegnando la borsa ma nascondendo sotto il maglione una bottiglia di liquore fatto per lui. Se mi avessero beccato! Ma non mi beccarono ed io potei donargli con le mie mani quel pensiero affettuoso che gradì tanto e per un attimo ci fece complici.
Quando leggo Erri, vado piano o veloce, ma sempre sento il bisogno di rileggere, immergermi bene nelle sue parole e avvertirle dentro e capire quali sono quelle scritte per me, che poi lo capisco subito, ma non mi sembra vero, ogni volta mi pare troppo generoso il suo dono, allora ritorno. Lui è il mio uomo dei ritorni, e dei segni, e della misura, perché è una persona dolcemente misurata, e di nessun altro direi ‘lui è l’uomo’ e non ‘lui è lo scrittore’, ma Erri scrittore ci racconta l’uomo e gli uomini e le donne e ‘la natura esposta’, dunque io dichiaro questo.
In lui ritrovo il mio amore per il pensare e scrivere accompagnati al fare. Non ricordo chi disse, mi piacque tanto, che gli sceneggiatori non si danno più opportunità da quando hanno smesso di andare sui tram, stanno sempre e solo alla tastiera del pc.
Penso che chi scrive maneggia un pane che ha bisogno di companatico. Erri ha scalato montagne, fatto il muratore e tanti altri mestieri e anche adesso che ha settant’anni non me lo immagino con le colf intorno. Anch’io, scusate non è per mettermi a paragone, mentre scrivo mi alzo e vado a raccogliere le mele, o a spazzolare i cani, e mi distraggo dalla scrittura e più mi distraggo e più la scrittura mi segue.
Il mio pensiero è che le cose da scrivere zompettano dentro mille altre cose, chi scrive le chiama a sé e docilmente esse arrivano.
Erri mi ha spiegato tutte le faccende della pesca e del mare ed io gli stavo dietro, in quelle sue lunghe estati ad Ischia, quando il ragazzo di città rimaneva lì tre mesi ad inselvatichirsi. Io le leggevo e appresso a lui mi toglievo le scarpe, per far indurire la pelle dei piedi e provare quella bella sensazione in cui diventa come una scorza. So tutto del suo rapporto coi genitori (Mio padre, da quasi cieco, diceva di sentire le nuvole con la cima dei capelli) (E’ stato prodigioso avere un padre) (Mia madre diceva s’adda tene’ curaggio, ma io non sono arrivato ad averlo, ho invece perseguitato le paure sino a stordirle ) ( La sera faccio due solitari. Si chiamano solitari, ma i miei sono accompagnati da lei, da mamma), coi vicoli di Napoli e con Napoli e il dialetto. So delle sue reazioni schizzinose di cui si vergogna ma le confessa. Lui è uno che confessa tutto.
I suoi turbamenti di qualunque età di fronte all’amore, poi la sempre naturale frequentazione della scrittura. Così naturale che del diritto d’autore dice che gli sembra un titolo abusivo per chi scrive le storie. “Appartengono alla vita e al vocabolario ed io le metto insieme. Mi spetta se mai il diritto di assemblaggio…”
Eppure quando era giovane i suoi voti non decollavano. C’è sempre, dietro un grande scrittore, qualche insegnante o editore (vedi quello di Emily Dickinson) che non ha capito, un fesso diciamo, perché solo un fesso non capisce il germoglio della grandezza o il suo fiore. Ed oggi che è un pomeriggio di luglio piovoso, eccomi qui di fronte all’incipit de ‘Il giro dell’oca’, con lui che una sera qualunque si siede e parla al figlio che non ha mai avuto e mi consegna un brivido profondo che mi si allunga dalla schiena al cuore e rimane incastonato lì, nel suo per sempre.
Allora mi metto al pc e scrivo questo pezzo con lui.

Norma D'Alessio