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Niccolò Ammaniti: Anna

Uscito sul Quotidiano del Sud - Edizione di Salerno il 10 giugno 2021
Pagina Cultura e Società

 
C ome non leggere il libro, dopo aver visto e sofferto il film, con gli occhi e il fiato incollati allo schermo?
Bevuto divorato sopportato anche. Per dire che la visione di questo film genera un’estrema tensione emotiva, soprattutto perché incentrato su una malattia che distrugge (La Rossa, laddove per noi è il Covid).
Si tratta di immagini pesantemente belle di una terribile magnifica storia. Iniziato a girare appena sei mesi prima della nostra pandemia. Dunque una trama che se prima del Coronavirus si poteva definire incredibile, restando confinata nel fantasy, viceversa ora appare credibilissima.
Così, appena finito di assorbire gli urti del film, risalgo la corrente del libro e ne scandaglio i fondali. Ero preparata, eppure non immaginavo di dover nuotare in un fiume così furiosamente in piena…
Confronti tra autori, da fare non ce n’è. L’autore è uno solo, Niccolò Ammaniti, che dopo averlo a lungo pensato, ha scritto e poi consegnato alle stampe per Einaudi nel 2015 questo libro ‘anticipatore’. Un romanzo che si inscrive nella ‘Letteratura del contagio’, dove si collocano libri che affrontano tematiche connesse a un’epidemia (vedi ‘I promessi sposi’ di Manzoni, ‘La peste’ di Camus, e tanti altri).
E’ invece dello scorso aprile l’uscita della serie in sei parti da lui ideata e diretta e che porta lo stesso nome, Anna, subito acquistata anche dalla Francia.
Ebbene, confesso che mi è piaciuto più il film del libro, e non perché questo non sia bello, anzi.
Il fatto è che per quanta fantasia l’uomo possa avere, leggendo il libro non potrà mai trovare nei suoi occhi e nella mente immagini altrettanto efficaci come quelle cinematografiche. Invece nel film eccole, il film te le imprime dentro come un marchio, immagini mozzafiato dove puoi infilare le dita e ritirarle insanguinate, come insanguinati troppo spesso sono gli errori degli uomini.
In sostanza, anche se io come molti ho fatto il percorso a ritroso film-libro, credo che il libro con le sue sapienti descrizioni ti dia una bramosia di immagini che solo il film soddisfi appieno.
Straordinarie la sceneggiatura (che Ammaniti ha scritto insieme a Francesca Manieri) la fotografia e in maniera incandescente la scenografia, costruita dagli scenografi con un poderoso corpo a corpo da muratore coi luoghi siciliani, che l’autore, nonostante la decadenza ambientale che per esigenze di copione ha dovuto creare, svela e fa amare.
Infatti dopo averlo visto, la Trinacria sicula mi appare meno misteriosa e ancor più affascinante.
A detta di Ammaniti, questo film girato in pieno Covid ha richiesto grandi fatiche fisiche e immensa pazienza, per le continue interruzioni subite.
Resta però arciconvinto della scelta dei luoghi.
Non c’è solo la Sicilia di Montalbano – dice -, con la sua natura lussureggiante e armoniosa. Quella che lui ci descrive, è invece una Sicilia selvaggia, ipnotica, janara e al contempo taumaturgica.
E in quest’isola post-apocalittica si muove Anna, tredicenne sopravvissuta alla strage che il virus chiamato la Rossa (per il colore delle lesioni che apre sui corpi delle vittime), ha procurato, causando la morte di tutti gli adulti. Sopravvivono invece i bambini, almeno sino a un certo punto dell’adolescenza, quando anch’essi si ammalano e periscono.
Ed è questo l’obiettivo di Ammaniti: mostrare come ipoteticamente potrebbero salvarsi i bambini in un pianeta senza più adulti. Lui su bambini e ragazzi ha lo sguardo lungo, ce lo ha mostrato in tutti i suoi romanzi, a partire da Branchie, Io e te, Io non ho paura. Li comprende come se appartenesse al loro mondo anziché al nostro. E conosce meglio di chiunque altro il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, una specie di ‘piccola morte’. Per relazionarsi agli altri, ‘devi uccidere l’infanzia, questo momento quasi autistico della vita…’.

E dunque, Anna.
Sono ormai passati quattro anni dall’avvento della Rossa, e in giro circolano solo bimbi denutriti sporchi e stravolti, senza nessun ricordo di civiltà, alcuni organizzati in bande. Hanno disimparato a leggere, scrivere, ragionare. Vivono di caccia, baratto, lotte sanguinarie per il possesso del cibo. Tutto intorno è distruzione e morte, e di queste Ammaniti non ci cela nulla, anzi, il corpo viene mostrato con naturalezza, come con naturalezza lo vedono gli occhi dei bambini, che non hanno le nostre angosce anziane circa il sangue, l’invecchiamento, la malattia, la decomposizione. Dunque libro e film, sono interamente distopici. Ogni angolo di casa o negozio è frugato per cercare qualunque cosa possa servire ad alimentarsi, e poi vandalicamente distrutto.
Anche Anna va in giro a cacciare cibo, lasciando, per proteggerlo da pericolosi incontri, il fratellino Astor chiuso in casa. Di sera poi ritorna con ciò che è riuscita a scovare. Ma un giorno rientrando non lo trova e per cercarlo è costretta ad intraprendere un viaggio, spostandosi dal trapanese verso Palermo, Cefalù, Messina, muovendosi coraggiosamente in luoghi degli orrori, tra cadaveri, puzzo di bruciato e decomposizione.
‘La vita di Anna era la medesima che spinge uno scarafaggio a zoppicare su due zampe quando è stato calpestato…’.
La segue un cagnone che lei per paura cerca di uccidere, invece si rivelerà un amico…
Tutto quello che fa, le viene dettato dal ‘Libro delle cose importanti’, un manuale di sopravvivenza che nei mesi della malattia la madre ha scritto per loro.
Quindi un mondo consumato e sfregiato dagli adulti, che gli si rivolta contro. Eppure è un’adulta, una madre, a consegnare alla figlia femmina le indicazioni per continuare a vivere ancora.
E sia il libro che il film lasciano intendere che Anna insieme al fratello ci riuscirà. Oltre l’adolescenza, c’è un mondo che Anna scoprirà.
Per quanto riguarda l’affermazione di Leonardo Sciascia:
‘E’ necessario che riguardo al libro un film sia autonomo, sia altro… ‘ , come la mettiamo quando l’autore è lo stesso?
Nessun problema – dice Ammaniti -, ho avvertito io stesso l’esigenza che il libro fosse altro. Nel libro c’è un cane, nel film Anna perde un braccio; più numerosi i personaggi e i dettagli sulle loro storie. Un film deve aderire al libro, poi tradirlo, e così mi sono mosso. Se avessi fatto prima il film, i libri poi avrebbero dovuto essere due. In un momento folle, ho addirittura ipotizzato di riscriverlo, per fare un romanzo più corale.

Norma D’Alessio