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Papillon

Uscito sul Quotidiano del Sud - Edizione di Salerno il 17-08-2020
Pagina culturale

 
S

ono l’orso m49, nome tecnico che non mi va giù. Preferisco l’appellativo Papillon, quello del detenuto fuggito dal carcere di massima sicurezza, ricordate Steve McQueen nel film del 1973?
In realtà sono più in gamba di lui, io, e me la sono spassata per un sacco di tempo, lì nella val Rendena in Trentino. Libero come un leone nella savana, ah! Tempi epici.
La forestale della provincia di Trento contò 16 miei tentativi di incursione in tre mesi, ma erano molti molti di più.
Mi descrivono intelligente e coraggioso. Parlassero piuttosto della mia fame. Se non fosse per quella, sai cosa mi frega delle abitazioni della gente.
Studiassero cos’è l’iperfagia, una fame nera che ci fa mangiare di tutto, circa 15 kg al giorno di vegetali e carne, e serve a farci accumulare grasso sotto la pelliccia per il periodo del letargo, se no come potremmo sopravvivere?
Ciò che amo di più è andare per montagne, è quella la mia vita, la mia libertà. Io le montagne le passo al setaccio come la ricotta. Sapete che sono un single incallito, che cerca le femmine solo per accoppiarsi, in primavera, stop. A noi orsi ci piace stare per fatti nostri, senza fare comunella con nessuno. E nessuno parli di aggressività, non ci appartiene.
Comunque basterebbe mettere sui monti cibo per noi, si risolverebbero un sacco di problemi.
Sino al giorno in cui un pastore facile alla carabina mi sparò contro, allora cominciarono a darmi la caccia, il ministro dell’ambiente Sergio Costa decise così, anche se ha sempre detto che mi vuole salvo. Salvo, dovremmo metterci d’accordo su cosa significhi. Per me salvezza è essere libero, null’altro.
Il 14 luglio dello scorso anno, dopo essere sfuggito a diverse trappole, fui catturato e messo nel centro faunistico di Castellar a Trento, dove furono così fessi da sganciarmi il radiocellulare.
Lì stavo uno schifo, ero infelice e depresso, ma vi risparmio i dettagli. Feci il quarant’otto e dopo appena un’ora fuggii, scavalcando una barriera alta 4 metri e tre recinti elettrificati. A quel punto divennero certi che se fosse stato necessario, per motivi di sicurezza potevano anche spararmi.
Volete sapere allora cosa accadde? Mentre tutti facevano bla bla bla, li gabbai andandomene in letargo, 4 mesi di sonno ristoratore, nascosto in una comoda caverna che sfido chiunque a trovarla!
Quando mi risvegliai, avevo una fame da orbi, e per mangiare combinai un po’ di casini. Non sapevo però che esistessero le trappole a tubo e un bel giorno ci finii dentro. Povero me, di nuovo al recinto di Casteller, seconda cattura. E questa volta non dopo un’ora, ma dopo tre interminabili mesi, la notte del 27 luglio di quest’anno, me la sono di nuovo squagliata, mettendo lo scorno in faccia ai custodi e ai loro capi.
Per non ammettere che sono il migliore, per questa nuova fuga parlano di aiuto umano, ma quale aiuto umano, ho fatto tutto da me, sono o non sono Papillon, quello delle fughe impossibili?
Sono io, IO, avevo voglia di andarmene sulla cima del monte Marzola ed ecco che ci sono andato, tutto qui. Che panorama ragazzi!
Non credete però di trovarmici. Dove sono ora non si sa. Come cantava Battisti? Lo scoprirete solo vivendo…
Ciaooo…

Norma D'Alessio