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Luciano Pavarotti

Uscito sul Quotidiano del Sud - Edizione di Salerno il 27-02-2021 e il 2-03-2021
Pagina "Cultura e società"

 
L
uciano Pavarotti, modenese doc, insieme alla sorella Gabriella di 28 anni più giovane, era figlio di un fornaio dell’Arma dei Carabinieri, eppure fu quell’umile fornaio a trasmettergli la passione per la lirica, che germogliò dentro di lui sino a dare i meravigliosi frutti che tutti conosciamo.
Luciano non iniziò la sua attività lavorativa come tenore, bensì, dopo aver frequentato a Modena l’istituto Magistrale (lo stesso dove si diplomò anche Francesco Guccini), come docente alle elementari. Lo fu per due anni. In realtà ambiva ad insegnare educazione fisica.
Pur lavorando nella scuola, però, continuò a studiare canto, prima col maestro tenore Arrigo Pola, i cui dettami rimasero sempre il suo punto di riferimento, e successivamente, quando tre anni dopo questi partì per il Giappone, col maestro Ettore Campogalliani, che lo perfezionò sulle tecniche di fraseggio e concentrazione. A 26 anni interpretò nella Bohème di Puccini il ruolo di Rodolfo sul palcoscenico del Teatro Municipale di Reggio Emilia. Questa riuscita esibizione, fu la prima di una lunga serie e lo legò come non mai al ruolo di Rodolfo, che per sua stessa asserzione fu quello che avvertì sempre a lui più congeniale, al punto che la figura di Rodolfo divenne nel corso degli anni una specie di suo alter ego.
Due anni dopo, nel 63, trionfò a Londra, e nel 65 a Miami, dove interpretò Edgardo nella Lucia di Lammermoor. Sempre nel 65 debuttò alla Scala di Milano per espressa richiesta del maestro Herbert von Karajan. Nel 67 e 68 continuò ad esibirsi con grande successo di pubblico e critica.
Ne La fille du règiment di Donizetti, eseguì i famosi ‘nove do’ di Tonio, che contribuirono a renderlo celebre, praticamente una leggenda, nel giro di pochi anni. Quando, nel 72, li eseguì alla Metropolitan House di New York, ricevé ben 17 chiamate e una standing ovation senza precedenti.
Al Metropolitan rimase in cartellone fino al 2004, per un totale di circa 380 rappresentazioni.
Nel 1991 davanti a 330000 persone tenne a Londra, ad Hyde Park, un concerto in diretta tv in Europa e Stati Uniti.
Sempre nello stesso anno, si esibì a San Paolo del Brasile, nello stadio Pacaembù, con al termine ovazioni e uno spettacolo pirotecnico.
Nel 1993 al Central Park di New York, tenne un concerto per 200000 persone.
Ormai lo conosceva il mondo intero.
Voce squillante negli acuti e ricca nel mezzo, chiaro fraseggio e timbro limpido durante tutta la sua carriera, lo chiamavano Big Luciano.
Memorabili le sue esibizioni con Placido Domingo e José Carreras, in un trio che ebbe nome I tre tenori, che agli amanti della lirica (e non solo) regalarono momenti davvero unici
. Di lui si diceva: dai palchi ai parchi, anche perché non si fermò alla lirica. Aveva dal lato suo due importanti prerogative: una grande versatilità artistica, e molti amici nel mondo della musica. Era anche un uomo per sua natura generoso ed attento al sociale, così per circa dieci anni tenne concerti di beneficenza a favore del terzo mondo, per la ricerca contro il cancro, la lotta alla tossicodipendenza e altro. I concerti, chiamati Pavarotti and Friends, non erano di musica operistica, ma connubi tra generi musicali diversi. Duettò con Bocelli, Anastacia, Eric Clapton, Barry White, Elton John, Liza Minnelli, Lucio Dalla, Jovanotti, Eros Ramazzotti, Giorgia, Elisa e tanti altri big della musica rock e pop internazionale. Parliamo del periodo 1992-2003. Soprattutto divertendosi e facendoci divertire, duettò con Zucchero Fornaciari, con cui incise il brano Miserere, contenuto nell’album omonimo.
Con Diana d’Inghilterra, sua amica, condusse una raccolta di fondi per la messa al bando delle mine anti-uomo.
Alla sua morte, però, si rifiutò di cantare; lo avrebbe fatto ‘col cuore in gola’.
Amò moltissimo l’arena di Verona, dove si esibì più volte e di cui ebbe a dire:
‘Lo sferisterio è qualcosa di meraviglioso. Non esiste al mondo un teatro all’aperto dotato di un’acustica così perfetta. E vi consiglio di non chiamare arena questo luogo. L’arena è uno spazio dispersivo, lo sferisterio un vero teatro.’
Aveva eletto il suo domicilio a Monaco e nel 1990 fu accusato di evasione fiscale. Ci fu uno scandalo e ne patì. Gli vennero addebitati 40 miliardi e lui, in evidente stato di disagio emotivo, patteggiò per restituirne 24, alla cifra di 500 milioni al mese. Ciò fece sì che i giudici lo assolvessero dal suo reato penale.
Ma non fu questo l’unico scandalo che lo vide protagonista difronte ai mass media e all’opinione pubblica, come sempre pronti ad osannare e con la stessa faciltà demolire.
Nel 1961, all’età di 26 anni, dopo un fidanzamento durato otto anni, si era sposato con Adua Veroni, dalla quale ebbe tre figlie femmine, una dopo l’altra. Il matrimonio durò 34 anni, ma quando si innamorò della sua segretaria Nicoletta Mantovani, dopo averlo a lungo negato dovette confessarlo perché immortalato in piena scena romantica mentre tra le acque trasparenti delle Barbados (1996) la baciava. Sui giornali di mezzo mondo si scatenò il putiferio e i due vennero additati lui come un adultero fesso (Nicoletta era di 30 anni più giovane), e lei come una rovinafamiglie. Ma nonostante il clamore mediatico, erano ormai inseparabili.
Nel 2004 si sposarono. L’anno prima Nicoletta, incinta di due gemelli, aveva partorito. Riccardo, il maschio, alla nascita nacque morto, mentre la femmina, Alice, sopravvisse. La perdita del piccolo li addolorò molto, ma poi si ripresero, e proclamarono sempre la convinzione del loro legame. A sei mesi dalla nascita di Alice, a Nicoletta fu diagnosticata una grave malattia, la sclerosi multipla, per cui il mondo sembrò crollarle addosso. Pavarotti disse le famose parole: ‘Non temere. Affronteremo tutto insieme. Se prima ti amavo, ora ti adorerò!’
La loro unione, durò sino alla fine di lui, che avvenne nel 2007 per un tumore al pancreas.
L’anno precedente, a New York era stato tentato un intervento chirurgico, che non aveva dato buon esito.
Da allora, lui seppe sempre la verità. Talvolta si immalinconiva, ma riusciva ancora a scherzare, ancora a sorridere.
Alla sua morte le figlie del primo matrimonio affrontarono contro Nicoletta, per motivi di eredità, una lunga e difficile battaglia legale, che in parte vinsero. Si è sostenuto che al momento delle disposizioni testamentarie, Big Luciano non fosse capace di intendere e di volere, ma poi ampie testimonianze hanno documentato il contrario. Era sì capace, ma con mano tremante, sovvertendo un precedente testamento, ne emise un altro, poche settimane prima della morte; uno a maggior favore di Nicoletta, soprattutto per quel che riguarda le ricchezze americane, costituite da importanti appartamenti e molte opere d’arte, tra cui quadri del pittore Matisse. Ed ecco che questa Nicoletta, che ci era piaciuta perché aveva portato nella vita del Maestro una ventata di giovinezza, ora ci piace un po’ di meno… Con le sue usuali parole, il Maestro direbbe:
‘Il numero uno non risponde a nessuna polemica. Anche questa bufera passerà!’.
Il mondo lo ricorda come uno dei più grandi tenori di tutti i tempi. La sua voce riusciva a contenere tutta la gamma delle possibili emozioni. Quello della lirica lo avrebbe voluto tutto per sé, senza mai dividerlo con la musica pop. Ma la musica pop lo rubò e con lui si divertì, si divertì assai.

Norma D'Alessio