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PIO d’EMILIA

Uscito su Mediavox Magazine il 25-02-2023

 
C on grande dispiacere annunciamo che Pio è partito per il suo ultimo viaggio dalla sua amata Tokyo, la sera di martedì 7 febbraio 2023 (comunicato su Fb della famiglia di Pio d’Emilia).

Chi come me amava questo giornalista unico, appassionato ed appassionante nel suo lavoro di giornalista sì ma soprattutto di Yamatologo, pur sapendo quanto ultimamente fosse seriamente ammalato non avrebbe mai voluto leggere questo messaggio. Eppure è arrivato. Pio lo scorso 7 febbraio si è spento, vittima delle patologie che combatteva da anni ma che tranne che nell’ultimo periodo non gli avevano mai impedito di curiosare e lavorare.
Curiosare perché credo che tutto ciò che di grande ha fatto Pio nella sua lunga carriera, lo ha fatto innanzitutto per via della sua curiosità. Di osservare, esplorare, capire, esistere.
La stessa che oltre 30 anni fa lo portò da giovane penalista, affamato di esperienze in diritto internazionale, in Giappone.
Ha più volte raccontato come andò.
Intanto in gioventù aveva sempre subito il fascino dell’Oriente, attratto dai libri di Roland Barthes, Fosco Maraini, Jon Halliday. Al termine della sua tesi di dottorato sull’azione penale e le libertà personali dell’imputato, andò in Giappone facendo il viaggio più lungo, cioè passando per la Russia e la transiberiana. Lì gli consentirono di assistere ad un interrogatorio di polizia, da dietro un vetro a specchio.
Ad essere interrogato era un giapponese incolpato di aver sottratto soldi dalla cassa del supermercato dove lavorava. Con lui c’erano svariate persone, tra cui il suo datore di lavoro, dei poliziotti, persino la madre, ma non un avvocato. Quando Pio chiese come mai, gli fu risposto che non era previsto, giacché si trattava solamente della fase istruttoria. In pratica, quella persona si trovava in stato di fermo, che nei paesi cosiddetti civili non dura più di 24 ore. Lì invece 23 giorni, anche ‘rinnovabili’, e per singolo addebito, così che il soggetto poteva restare imprigionato per mesi, senza nessuna garanzia di diritto.
In simili circostanze, lo stato di paura, insicurezza, prostrazione, possono portare a confessare di tutto…
Per un giovane avvocato come Pio, che aveva militato in Soccorso Rosso, era troppo.
Propose all’Espresso un articolo che fu subito pubblicato, con richiamo in prima pagina. Senza averlo preventivato né deciso, accaddero due cose: Pio mise radici, per tutta la vita, nel giornalismo e nel Giappone, anche se viaggiò moltissimo anche altrove, per reportage che a volte era lui stesso a proporre.
Il suo era un giornalismo nomade. Laddove accadevano cose come movimenti culturali, proteste di piazza, catastrofi, lui telefonava alle redazioni dicendosi pronto a partire.
E’ stato corrispondente dall’Asia orientale per Sky tg e collaboratore de l’Avvenire. Ma anche, per oltre 30 anni, del vecchio Manifesto, e poi l’Espresso, Left, la Rai, Il fatto quotidiano, le testate straniere Tokyo Shinbun, Japan Focus.
Ha lavorato da traduttore, consigliere e ghostwriter per uomini politici, tra i quali l’ex premier Naoto Kan, quando era leader di un piccolo partito d’opposizione.
E’ stato vice presidente della stampa estera a Tokyo, sempre in prima linea per battaglie per un migliore accesso alle fonti d’informazione. Il suo amore e interesse per il lavoro, le vicende di costume, i cambiamenti, la scrittura, erano insaziabili. Negli ultimi anni si dedicava anche alla Cina e alla sua rivoluzione socio-economica, e proprio lo scorso anno ha realizzato per Sky Atlantic un documentario dal titolo: 'Yi dai, Yi lu, la FerroVia della Seta'. Esso dimostra quanto fosse addentro ai cambiamenti e alle tensioni della madrepatria cinese.
La sua energia e caparbietà, la sua visiona politica di un mondo garantista, lo portavano spesso ad essere polemico, ma questo non minava le sue tante amicizie, perché da tutti rispettato, anche quando ripeteva che è l’Asia il continente destinato a guidare le sorti del mondo. Aveva idee radicali, ma quelle sull’Asia poteva permettersele, essendo un profondo conoscitore di quei luoghi e la loro cultura, laddove molti li conoscono solo attraverso il cinema, la letteratura, i mass media. Il suo giornalismo d’autore, perché anche scrittore e cantastorie, ha espresso un modo davvero unico di raccontare, perché lui metteva sempre al centro del suo interesse il lettore o l’ascoltatore, che doveva conquistare ed ‘accudire’ nello spiegargli questioni a volte molto complicate relative a conflitti politici.
Proprio per questo lui frequentava i luoghi più ufficiali della politica giapponese, ma anche i posti più degradati, per poter meglio raccontare le storture etiche e legali di un paese per tanti versi avanzato.
E per mostrarlo ai più questo Paese, aveva anche partecipato come accompagnatore alla trasmissione televisiva ‘Turisti per caso’.
Un suo colpo a segno fu nel 1982 giocare a tennis, in coppia col collega Jurek Martin, contro l’imperatore Akihito e vincere.
E’ stato corrispondente da aree in guerra come la Georgia e il Myanmar, ma la sua più grande impresa giornalistica ed umana, è stata senza dubbio narrare stando sul posto il terremoto/maremoto di Tonoku del 2011, dove fu l’unico straniero a recarsi presso la centrale nucleare di Fukushima. Lì restò per 30 giorni a documentare il disastro. Disastro su cui scrisse il libro ‘Lo Tsunami Nucleare: i trenta giorni che sconvolsero il Giappone’, Manifestolibri 2011, da cui fu tratto il documentario ‘Fukushime. A nuclear Story’. In quei giorni la sua popolarità arrivò alle stelle e gli procurò persino proposte di matrimonio. Nascevano neonati cui davano il suo nome. Ispirava una fiducia cieca quest’uomo che in mascherina d’ordinanza e con in mano il calcola sievert per misurare i livelli di radiazioni aveva il coraggio di valicare i 20 km che erano il minimo di sicurezza garantito per entrare nel raggio della centrale nucleare di Fukushima, e mostrare al mondo senza infingimenti ciò che stava accadendo.
Alle 14,46 dell’11 marzo, Pio girava per Tokyo in moto. Capì subito che quella scossa non era una delle solite, quelle che fanno sorridere i giapponesi. La sua intuizione non ebbe indugio. Sceso dalla moto, anche se faticava a stare in piedi, cominciò a filmare le gru che insieme ai grattacieli ‘sembravano danzare’. Per raggiungere la centrale nucleare bisognava dirigersi verso nord, ma le strade era bloccate. Tutti fuggivano verso il sud, cioè verso Osaka. Molti si rifugiavano nelle campagne. Pio invece prese il primo volo per il nord e lì vide ciò che succedeva e lo raccontò al mondo. Anche in quella tremenda circostanza, però, volle tenersi lontano da una cosa che detestava: gli allarmismi mediatici.
Da lungo tempo malato di obesità, diabete, ipertensione, retto colite ulcerosa, riusciva ad essere ironico persino nei confronti delle sue malattie, e nel 2016 volle raccontare in Minisize me, la svolta di Pio, il suo cambiamento verso il peso forma e una vita alimentare e fisica più sana. Con l’aiuto del figlio Alessandro,vegano e maestro di sci, dimagrì ben 18 chili. Prima di iniziare questo percorso, che venne a fare in Italia, seguito presso l’Istituto Veronesi, fece sulla sua terrazza a Tokyo una cena per i suoi amici. La chiamò l’addio all’onnivorato.
Amava il Giappone e i giapponesi, di cui diceva che sono italiani però educati, né più né meno. Considerava Tokyo la capitale del mondo moderno, così come nel ‘400 lo fu Firenze, nell’’800 Parigi e nel ‘900 New York.Grande goloso, si è sempre auspicato un matrimonio tra cucina italiana e giapponese:
‘Che sushi e matriciana si mettano insieme, annaffiati da buon vino o da un buon sakè’.
Arrivederci, Pio.