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Walt Disney

Uscito sul Quotidiano del Sud - Edizione di Salerno il 10-08-2021
Cultura e società

 
U na leggenda mondiale nel campo dell’animazione, e su di lui si raccontano cose da leggenda, ad esempio che non sarebbe morto, ma si sarebbe fatto ibernare.
Fumatore accanito, nel 1966, all’età di 65 anni, la sua salute già malandata peggiora. Gli viene diagnosticato un cancro al polmone sinistro. Muore il 15 dicembre, un mese dopo il tentato intervento. Nella sua vita aveva più volte parlato di criogenesi. Biancaneve, dopo aver morso la mela avvelenata, dormì per molto tempo. La Bella addormentata nel bosco, per cento anni. Dunque secondo i più fantasiosi le sue opere sembrano disseminate di tracce che riguardano il suo interesse per la ‘sospensione crionica’, così quando Disney muore, si diffonde la voce che prima della morte si sia fatto ibernare, per avere la possibilità di tornare in vita quando verrà debellato il cancro. C’è anche chi afferma che il suo corpo ibernato si trovi sotto l’attrazione ‘Pirati dei Caraibi’ nel regno incantato di Disneyland a Los Angeles. Quanta immaginazione!
Si vede che quella fervidissima di Disney ha lasciato molti proseliti, e a più di 50 anni di distanza dalla sua morte, c’è ancora chi racconta questa storia.
Ma facciamo un passo indietro, per dire che Walt Elias Disney nasce a Chicago nel 1901, quarto di cinque figli. Tra le cose strane della sua vita: comincia a frequentare le scuole elementari solo all’età di otto anni, per poterci andare insieme alla sorella. Vivono in una fattoria nel Missouri. Durante la sua infanzia, la famiglia patisce molte difficoltà economiche, e quindi Walt deve arrangiarsi. Tra i vari mestieri, quello di venditore di bibite e giornali sui treni. Forse nasce così la sua passione per questi veicoli. Negli anni della giovinezza, non va d’accordo coi suoi, e per allontanarsene nel 1917 si arruola nell’esercito (ha 16 anni), falsando la sua data di nascita sul passaporto. Finisce sulle ambulanze della Croce Rossa statunitense in Francia, dove rimane fino al 1919. Tornato negli USA ha chiaro in mente di volersi occupare d’animazione, ma viene scartato dal giornale Kansas City Star come fumettista, perché considerato non abbastanza originale e privo di fantasia. Comincia a cercare lavoro, ma nulla gli va bene sino a che apre una società col fratello Roy, fondando la Disney Brothers Studio, il cui ufficio risiede nel garage dello zio Robert. La compagnia ha 8 dipendenti, fratelli compresi. Con l’aiuto del suo collaboratore (che resterà storico), Ub Iwerks, crea il personaggio di Mickey Mouse, così battezzato per consiglio della moglie Lilian Bounds, assistente animatrice, sposata nel 1925.
Topolino dal punto di vista grafico è figlio di Ub, di Walt invece per quanto concerne la personalità, infatti verrà ritenuto dai più il suo alter ego.

Geniale l’idea di sincronizzare le immagini del cartone con l’audio. Per farlo, a Walt servono soldi, e per realizzarli arriva a vendere la sua auto. Negli anni 30, il procedimento Technicolor gli permette di creare film a tre e anche quattro colori. Ed ecco arrivare i primi due dei suoi numerosi Oscar: per Flowers and trees, miglior cortrometraggio di animazione, e per la creazione di Topolino.
Nonostante il successo, le tecniche innovative cui fa riferimento sono molto costose e non gli permettono di liberarsi dei debiti contratti, per cui comincia a soffrire di depressione. Reagisce viaggiando insieme alla moglie e seguendo il consiglio dei medici di praticare sport. Nel 1933 Lilian partorisce Diane Marie, unica loro figlia biologica, e tre anni dopo adottano Sharon.
Sempre negli anni 30, nasce Il vecchio mulino, primo film realizzato con cinepresa a piani multipli, in grado di dare profondità ai cartoni animati. Ne I tre porcellini inserisce una canzone che diventa l’inno della campagna elettorale di Roosvelt.
La colonna sonora sarà sempre molto importante per lui.

Nel 1934 compare Donald Duck ( Paperino). Il primo lungometraggio è invece del 37: Biancaneve e i sette nani, poi Pinocchio e Fantasia.
Nel 1939 perde in condizioni drammatiche la madre, uccisa da una fuga di gas nella sua abitazione di Los Angeles, che lui le ha da poco regalato.
Nell’ottobre del 41 escono prima Dumbo poi Bambi (i suoi personaggi preferiti), ed è un successo, ma subito dopo gli Stati Uniti entrano nella Seconda guerra mondiale e l’esercito requisisce i suoi studios, chiedendo alla casa cinematografica di creare solo film di propaganda e intrattenimento per i militari. Tutto questo economicamente non rende, eccezion fatta per Bambi.
Alla fine degli anni 40 però lo scenario cambia e Disney trova importanti finanziatori per produrre i suoi lungometraggi: Peter Pan, L’isola delle foche e tanti altri.
Come capo è intransigente, permaloso e spesso autoritario. Arriva a licenziare molti dipendenti che scioperano per esigenze sindacali. Lui porta i baffi, ma ai suoi dipendenti è proibito, eccezion fatta per due di loro tra cui Ub.
Tra le sue vicissitudini, c’è anche l’accusa di antisemitismo, (tra l’altro sostenuta fortemente da un suo biografo nel 1993), accusa che ha grande eco, ma viene smentita da familiari, collaboratori, agenti dell’FBI. Ciò nonostante, gli resta appiccicata addosso per sempre.
All’età di 48 anni si trasferisce in una casa a Los Angeles dove può dar vita a un’altra sua grande passione: costruire ferrovie in miniatura.
Con l’aiuto di un suo amico, Ward Kimball, sviluppa i progetti di una locomotiva a vapore che installa nel suo giardino e chiama Lilly Belle in onore della moglie. Negli anni 50 i film che escono fanno di nuovo coesistere animali e personaggi umani, come in Cenerentola, Alice nel paese delle meraviglie, La bella addormentata nel bosco. La sua attività continua instancabilmente, dando vita a L’isola del tesoro, Geremia cane e spia e la serie televisiva Mickey Mouse Club, che andrà avanti sino agli anni novanta.
Negli anni 60, ha un successo incredibile con La carica dei 101, e dopo decenni dacché ci provava, riesce ad ottenere i diritti del libro di Pamela Lyndon Travers, Mary Poppins, e nel 1964 produrne il film-capolavoro.
Nella sua carriera si aggiudica 52 candidature e 26 Oscar, praticamente un record, mai posseduto da nessun altro.
Un’altra sua genialata è quella di creare gli spazi di animazione Disneyland, dei parchi a tema che ormai esistono in più parti del mondo: Tokyo, Parigi, Florida. Quando si inaugurò il primo, a Los Angeles, fu un evento mediatico mondiale. Pare che tale inaugurazione sia stata vista da 70 milioni di telespettatori. Fu un grande successo, ma anche un disastro perché la super affluenza di persone, molte più di quante il parco potesse contenerne, creò molti km di coda di auto e si era nel mese di luglio…
In realtà secondo i critici la costruzione di Disneyland segna una forte svolta di commercializzazione dell’attività di Walt, che va a discapito dell’aspetto artistico… Una curiosità: Alfred Hitchook gli chiese di poter girare la scena di un suo film a Disneyland, lui rifiutò. Non poteva dire sì all’autore di un film odioso come Psyco! Dopo la sua morte, il corpo viene cremato. In Italia la rivista Epoca posta un Topolino piangente.
Il fratello Roy in sua memoria porta a termine il Progetto Florida denominandolo Walt Disney World.
Invece la figlia Diane, madre di sette figli, vissuta per anni dedicandosi solo a loro, a un certo punto della sua vita realizza che suo padre non è abbastanza conosciuto e benvoluto nel mondo, e fonda il The Walt Disney Family Museum di S. Francisco, dove i visitatori possono scoprire tutto sul grande imprenditore americano. Ma di cosa si occupava Disney, visto che non disegnava, non scriveva, non componeva musiche? In sostanza, cosa faceva? A un bimbo che durante un’intervista glielo chiese, rispose:
‘Sono come un’ape che vola di fiore in fiore, alla ricerca di un polline più adatto per realizzare il miglior miele possibile’.
Spesso, a conclusione di un suo discorso, soleva dire:
‘Tutto è cominciato con un topo!’

Per quanto riguarda l’eredità del magnate Disney, è davvero stratosferica e attorno ad essa si agglutinano molti interessi.
Il nipote Brad, figlio di Sharon, alla morte della madre, avvenuta per cancro quando la donna aveva 57 anni, scopre che ha sì diritto a una parte dell’eredità, ma scaglionata nel tempo: 30 milioni di dollari al compimento dei 35-40-45 anni. Un trust, controllate ogni anno le sue capacità mentali e gestionali, gli consegnerà i dollari ogni lustro! Ma pare che lui non passi mai l’esame.
Nonostante una lunga battaglia legale, non entri mai in possesso dell’eredità.

Norma D’Alessio